Luciano Garofano replica sulle ipotesi del “Dna fantasma” nel delitto di Garlasco: nessun profilo ignoto reale.
Il caso di Garlasco, che ha segnato la cronaca italiana dal 2007 con l’omicidio di Chiara Poggi, continua a far parlare. Tra novità e teorie controverse, come scritto da liberoquotidiano.it, il programma Rai “Filorosso” ha riportato alla ribalta il presunto “Dna fantasma”, un elemento di discussione che, secondo Luciano Garofano, “è una delle tante suggestioni che in questi ultimi mesi sono state cavalcate da più di qualcuno”.

Dna fantasma? “Suggestione mediatica”
Garofano, ex comandante dei RIS e consulente della difesa di Andrea Sempio, è netto: non esiste nessun profilo genetico ignoto nei fascicoli ufficiali. “Se ci fosse stato già allora, sarebbe stato un elemento di grandissimo valore ai fini investigativi”, ha dichiarato, chiudendo di fatto la porta a nuove ipotesi investigative fondate su questo tema.
Il cosiddetto Dna fantasma è stato citato spesso dai media, ma non compare in alcun atto ufficiale. Garofano chiarisce che si tratta di materiale già analizzato, in parte consumato, e che i risultati non suggeriscono nulla di nuovo o decisivo.
L’impronta 33 e l’arma del delitto
Altro nodo centrale è quello dell’impronta 33, attribuita da alcuni ad Andrea Sempio. Su questo punto, Garofano ha sottolineato la divergenza con la difesa di Alberto Stasi, guidata da De Rensis.
“Dipende dalla qualità dell’impronta, in questo caso della fotografia. Siccome si è partiti da una fotografia, il dato importante è che le minuzie siano obiettivamente riconoscibili. Noi non le abbiamo trovate”, ha spiegato.
L’ex comandante dei RIS ha poi precisato che quella macchia non aveva alcuna corrispondenza con il sangue, bensì era probabilmente sudore o un altro tipo di secrezione organica. “Fu individuata come tale, scartando l’ipotesi che fosse sangue, perché i miei colleghi di allora misero in evidenza delle macchie di sangue vere, di pochi millimetri. […] le analisi – con utilizzo della ninidrina – hanno dimostrato che non si trattasse di sangue”. Come riportato da liberoquotidiano.it
Infine, un passaggio importante riguarda l’arma del delitto: “L’ipotesi più attendibile è di un solo strumento e che quelle ferite sulle palpebre sarebbero state provocate dallo stesso strumento. Il dottor Testi poi ipotizza un martello utilizzato di taglio”. Ma avverte: “Diciotto anni sono un termine temporale in cui le cose sono cambiate notevolmente, per cui ragionare oggi con le possibilità di oggi rispetto ai risultati di ieri può essere fuorviante”.
Garofano conclude con una riflessione sulle nuove teorie: “Tutto quello che sta emergendo spero non faccia altro che confermare ciò che è stato deciso nella sentenza che ha visto poi la condanna di Alberto Stasi. Perché sembra che adesso tutto quello che è stato stabilito venga terribilmente banalizzato. C’è un riferimento, discutiamone criticamente, facciamo altre analisi. Però non possiamo cancellarlo, perché altrimenti è tutto discutibile e si crea soltanto tanta confusione”.